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L’illegittima sospensione per CIG ed il risarcimento del danno alla professionalità

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Nell'adunanza camerale del 28 febbraio 2024, la Suprema Corte di Cassazione, sezione Lavoro, ha confermato la legittimità della decisione assunta dalla Corte di Appello di Bologna in merito al risarcimento del danno alla professionalità di una lavoratrice - per tutto il periodo di illegittima sospensione per CIG - dovuto alla mancata rotazione della stessa nonostante fosse in possesso di caratteristiche professionali che ne consentivano l'alternanza con gli altri dipendenti del reparto di appartenenza.

dall'Autore Michele Carli 

 La sentenza in commento – Cassazione sezione Lavoro n. 10267/2024 – verte sul ricorso promosso dall'azienda datrice di lavoro avverso la sentenza di Appello n. 868/20191 con cui la Corte Felsinea, in accoglimento parziale del ricorso incidentale di una lavoratrice, non sottoposta a rotazione nell'ambito di una procedura di cassa integrazione guadagni straordinaria, l'aveva condannata a corrispondere alla lavoratrice una somma pari al 30 % della retribuzione mensile netta percepita dalla medesima per tutto il periodo di illegittima sospensione per CIG a titolo di risarcimento del danno alla professionalità2.

La sentenza n. 10267/2024

La società datrice di lavoro, come già osservato, ha promosso ricorso per Cassazione avverso la sentenza n. 868/2019 della Corte di Appello di Bologna. Il ricorso è stato impostato sulla base di tre motivazioni. Con le prime due argomentazioni, che sono state respinte dalla Corte in quanto ritenute infondate rispetto agli atti ed allo svolgimento della causa, la società ricorrente ha tentato di far emergere la violazione e/o falsa applicazione, da parte della Corte di Appello, delle disposizioni normative in merito: i. ai criteri di rotazione dei lavoratori1; ii. all'informativa sindacale preventiva2; iii. al diritto di associazione e di attività sindacale3; iv. agli atti discriminatori4; v. alla repressione della condotta antisindacale5.

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1 Depositata il 19 novembre 2019, R.G.N. n. 402/2017.
2 La Sentenza in commento trae origine da questioni critiche connesse al mancato esercizio della rotazione nell'ambito del ricorso agli ammortizzatori sociali. Tale questione risulta essere particolarmente feconda sotto il profilo contenzioso in quanto aveva recentemente occupato la Suprema Corte. Preme infatti ricordare che il 21 marzo 2024 è stata pubblicata la sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 7642/2024, la quale verteva sul contenzioso promosso da alcune lavoratrici in merito alla illegittimità della loro collocazione in CIGS a zero ore da parte di una società romana - con più siti nel territorio comunale – che aveva ricorso alla cassa integrazione a seguito della decisione di cessare l'attività nel sito in cui erano occupate le ricorrenti. Anche in questo caso il soggetto datoriale è stato condannato a seguito della mancata rotazione delle lavoratrici con i colleghi che svolgevano mansioni c.d. fungibili. Per l'analisi del commento alla richiamata sentenza n. 7642/2024 - nel quale ci si è soffermati maggiormente sull'istituto della rotazione e sugli effetti del mancato rispetto della stessa - si rinvia a pregresso approfondimento di questa Rivista – v. Michele Carli, "I criteri di scelta nella Cigs: la mancata rotazione dei lavoratori", La Circolare di lavoro e previdenza n. 19-20/2024, Euroconference.
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